Primavera nell’Altosannio: la Valeriana rossa

Quando arriva la primavera e l’aria dell’Altosannio si fa più chiara, le colline e le scarpate si riempiono di piccoli miracoli di colore. Tra rocce, vecchi muri, macerie e margini di strada, esplodono improvvisamente ciuffi di fiori che accendono il paesaggio di rosso e di rosa, come pennellate di luce nel verde ancora tenero dei prati. È la Valeriana rossa (Centranthus ruber), una delle piante spontanee più appariscenti del Mediterraneo, capace di trasformare anche il luogo più arido in un quadro vivente.

valeriana rossa
altosannio.it -Primavera nell’Altosannio: la Valeriana rossa

Le sue fioriture si prolungano per settimane, regalando spettacoli di rara bellezza a chi percorre i sentieri che dal mare salgono verso le montagne abruzzesi e molisane. È una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Valerianaceae, quindi stretta parente della più nota Valeriana officinalis, famosa per le sue proprietà calmanti. Ma a differenza della sorella “medicinale”, la Valeriana rossa preferisce mostrarsi al sole, con fusti slanciati e corolle minute che si muovono leggere al vento primaverile.

Un fiore che racconta il paesaggio dell’Altosannio

In questa zona di confine, dove l’Abruzzo incontra il Molise e l’antico Sannio sopravvive nei toponimi e nelle tradizioni, la Valeriana rossa è molto più di un semplice ornamento naturale. È un simbolo silenzioso della resilienza del territorio, della sua capacità di fiorire anche tra le pietre e i resti del passato. Le sue radici affondano tra i muretti a secco e le rovine dei borghi abbandonati, mentre i fiori spuntano là dove il tempo sembra essersi fermato. Chi attraversa in primavera i paesi di Montenerodomo, Pescocostanzo o Agnone non può fare a meno di notarla, come un richiamo discreto della natura che si riappropria dei suoi spazi.

Origini, curiosità e antiche credenze popolari

Originaria dei paesi del bacino del Mediterraneo, la Valeriana rossa si è ormai naturalizzata anche in molte regioni europee. È facile incontrarla lungo le strade di tutta Italia, persino nei terreni più poveri o sassosi, dove resiste alla siccità e si fa notare per la sua vitalità. Nelle campagne viene chiamata con diversi nomi: Valeriana rossa, Savonina o Centranto, a seconda delle tradizioni locali.

Chi va alla ricerca di erbe spontanee commestibili può includerla nel proprio taccuino: le sue foglie giovani possono infatti essere consumate in insalata, mescolate ad altre erbe di campo. Hanno però un profumo intenso e deciso, che non sempre incontra il gusto di tutti, ma che racconta la forza e la rusticità di una pianta nata per vivere ai margini.

Nell’antichità, la Valeriana rossa era circondata da credenze popolari e usanze magiche. Si diceva che la polvere delle sue radici essiccate, sparsa per la casa, proteggesse dai fulmini, allontanando le tempeste e i pericoli. I suoi semi, secondo alcune fonti, venivano utilizzati in antiche pozioni per l’imbalsamazione, mentre le foglie, se offerte dopo un litigio, servivano a riappacificare gli innamorati. Un piccolo fiore, dunque, capace di intrecciare botanica, mito e sentimento, come spesso accade nelle terre dell’Appennino, dove la natura non è mai soltanto un paesaggio, ma una memoria viva.

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