Lu Trufele
Da quanto ci risulta non esiste, in italiano, un termine corrispondente alla parola dialettale “trùfele”.
L’oggetto, di coccio, era usato dai contadini, molto tempo fa, per portare nei campi l’acqua per dissetarsi. Naturalmente poteva contenere anche il vino, ma quest’ultimo, solitamente, era conservato per essere bevuto la sera al rientro dai campi dopo una giornata di lavoro.
Di modeste dimensioni, il recipiente era completamente chiuso e fornito in cima di tre fori e d’altrettanti beccucci da cui fuoriusciva il liquido.
Essendo di coccio, facilmente si rompeva e, in alcune cantine o soffitte di Fallo, se ne trovano ancora alcuni rappezzati alla meglio con toppe di cemento o gesso.
Quando gli anziani raccontano della loro vita nei campi, fanno spesso riferimento a “lu trùfele” ben nascosto all’ombra delle fronde per mantenerne fresco il contenuto: per loro che lavoravano sodo anche in piena estate e sotto il sole, rappresentava l’unica fonte di refrigerio.
Lu Variluotte – Il Barilotto
Particolarissimo e piuttosto raro, quest’oggetto è la versione in miniatura dei barili presenti nelle cantine dell’Altosannio e destinati principalmente al trasporto dell’acqua con le bestie da soma.
Quello rappresentato nella foto ha la capacità di un litro, ma n’esistevano altri di diverse dimensioni altrettanto facili da trasportare.
Come “Lu Trùfele”, “Lu Variluotte” era utilizzato dai contadini per portare nei campi l’acqua per dissetarsi.
“Lu Variluotte” rispetto a “Lu Trufele” aveva il vantaggio d’essere più robusto e meno ingombrante anche se la sua capacità era piuttosto scarsa. Ciò non sempre era un male poiché spesso il contenuto era di migliore qualità (vino in luogo dell’acqua).
È certamente per questo che i contadini preferivano “Lu Variluotte” a “Lu Trufele”.
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