di Antonella Litterio

“Mia piccina fosti tutta la mia vita….”Una struggente, nostalgica melodia mi riporta indietro nel tempo; la voce è del maestro Pavarotti, il brano “La rondine al nido”. Quelle note hanno su di me un effetto magico, incantano, legano, mi riconducono la voce di mia madre, che, come la rondine, si sentiva lontana dalla “sua” torre antica. Mi chiedo, in queste languide impressioni di settembre, “nella penombra dolce della sera…” se ella pensasse al suo amore lontano, andato via troppo presto o al paese natio, che mai avrebbe voluto lasciare, al noce dalla folta chioma verdeggiante, fresca ed accogliente che si ergeva poco distante dal portone della sua casa alle “Civitelle.” E così, come per incanto,il mio pensiero s’intreccia al suo, su piani temporali diversi, la sua antica nostalgia si fonde con la mia, in un tempo, il nostro, divenuto distratto, poco attento, come a sorvolare le sensazioni, così, per non impegnarsi.
Le bellissime melodie di una volta hanno ceduto il passo a brani, spesso improbabili, che non parlano al cuore, ma esplodono, roboanti , per divenire tormentoni dalla vita breve. Di contro penso alle note che si libravano alte e suadenti tra le pareti della mia casa, brani evergreen, si direbbe oggi, senza tempo, ma che accendevano anima e fantasia. I generi musicali erano i piu’ disparati, si passava facilmente e con naturalezza dalla lirica, alla musica americana o al pop corrente.
Con “Casta diva”(Callas) osservavo la luna, perdendomi nel suo argento, l’ho amata come una Candida Vestale, sposa del sole, signora indiscussa della notte, dispensatrice di pace “ che regnar fai tu nel ciel,”godendo, supina sul pavimento del nostro balconcino, il silenzio surreale di infinite notti stellate.
Mio padre ascoltava malinconicamente “Luna algerina”(Luciano Tajoli) ed io con lui immaginavo carovane di cammelli che si stagliavano su un orizzonte lontano, tra palmeti fruscianti e “uomini blu”. “Verdeluna”(Carlo Buti) incantava il mio cuore di bimba con amori lontani e amanti tristi, ma su di loro c’era sempre lei, la luna, che ispirava dolcezza e invitava tutti a guardare il cielo. Ora sono le stelle, incredule e stupite a volgere lo sguardo verso il basso, non si spiegano perché mai l’uomo possa essere così distratto!
Ormai si vive d’ altro, di molto poco, in verità spesso, si sopravvive e mi si accende un motivo: ”Vivere senza malinconia, vivere senza piu’ gelosie, senza rimpianti, senza mai piu’ conoscer cos’è l’amor…..ridere delle follie del mondo..”
La musica è entrata presto nella mia vita, avevo solo quattro anni e, com’è tipico di quella età, già mi esibivo, senza pudore alcuno su di un tavolo rettangolare, grandissimo, il mio pubblico era folto, cantavo tutti i brani in voga all’epoca, ma “Mamma” era il pezzo forte, mia madre si commuoveva, pensava, forse alla sua fanciullezza…..
Tanto si è scritto sulla musica, ma piu’ che scrivere di musica, si puo’ vivere di musica, essa è una frase, un insieme di note, una parola non scritta, perché essa parla parole di cui la parola non può parlare e, per dirla insieme a Quignard:”
In questo senso la musica non è del tutto umana”. Tutti abbiamo delle note e degli strumenti dentro e, solo qualche volta, traiamo fuori una melodia che descriva un sentimento,un paesaggio, un volto caro, persino il nostro silenzio o lo stesso dolore; questa magia ti rallegra, ti intristisce al tempo stesso, perché è il tutto racchiuso nel nulla che, a volte, è fuori e dentro di noi.
Copyright: Altosannio Magazine
Editing: Enzo C. Delli Quadri