di Duilio Martino[1]
Ora la terra tace
Fumigavano gli agri, allegri canti
sortivano dagli orti; storni e tordi
affollavano fronde ed i festanti
pargoli s’ingegnavano in bagordi.
Fumigavano i cuori dei migranti
tornando ai borghi; non eran sordi
all’eco di puerizie giubilanti
e i sassi sanno sussurrar ricordi.
Tace la terra sotto il latteo manto:
l’inverno sembra aver, con le vetuste
foglie, ingoiato ogni gagliardo canto.
Tacciono madri dei migranti, esauste:
tempo o spazio non spegne strazio, il pianto
pregna muri rupestri in sere infauste.
Superbo sonetto che in poco raccoglie tutte le emozioni di chi si è dovuto allontanare dalla terra natìa, nel tornare, purtroppo la trova un pò più giovane di lui.