Poesia di C. Carlomagno[1]
Gna faccə, améurə
Gna faccə améurə
ssə nnə m’arrəscalla cchjù
la lucə dəll’ùocchjə tójja?
Gna fa štu chéurə
ssə lundanə tə nə vìe tu?
sénza də té cómə pòzzə cambà?
Marì nnə mə fa nu tùortə
sénza də té só bbèll’e mùortə.
Come faccio, amore
Come faccio, amore,
se non mi riscalda piú
la luce degli occhi tuoi?
Come fa questo cuore
se lontano te ne vai tu?
senza di te come posso campar?
Marí, non farmi torto
senza di te son bell’e morto.
tratta dal libro “Poeti Dialettali di Agnone” curato da Domenico Meo[2]
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[1] Camillo Carlomagno, Nasce ad Agnone il 9 dicembre 1909, si laurea in medicina e chirurgia. Quattro anni dopo, appena sposato, è chiamato a servire la patria per il Secondo Conflitto Mondiale. Finiti gli eventi bellici, torna fra la sua gente e sceglie di abitare nel paese natio, dove esercita l’attività di medico. Dal 1956 al 1961 riveste la carica di sindaco della sua cittadina. Sin da giovane le sue poesie compaiono su riviste e giornali. Muore a Roma il 14 aprile 1976.
[2] Domenico Meo, Abruzzese di Castelguidone (CH), ma agnonese di fatto, lavora alla Asrem di Agnone (IS). Si occupa, in termini scientifici, di dialetto, riti, usi e tradizioni popolari. Tanti i suoi libri, su cui giganteggia il Vocabolario della lingua di Agnone. (Il libro è disponibile telefonando allo 0865 78647)
Editing: Enzo C. Delli Quadri
Copyright: Altosannio Magazine