Scritto di Sergio Troiano[1]
Questa donna sta proprio a terra, a dormire.
Da noi, tutti, anche i più poveri, lo tenevano un lettino. Di solito, nella forma più semplice, era fatto con due travetti longitudinali pesanti di quercia e da una decina di tavolette trasversali leggere di pioppo, che andavano cambiate di tanto in tanto perché si tarlavano e si rompevano.
Cosa impreziosiva il letto erano le testate che in quello dei miei genitori erano di ulivo: non mi stancavo mai di osservare quelle belle nervature, tipiche di quel tipo di legno.
A dispetto della apparente miseria della sistemazione e della casa, la coperta il cuscino e la stessa camicia da notte, o forse sottana della donna, sembrano invece essere addirittura nuove di zecca e dunque direi che si tratta di una giovane novella sposina, che forse è alla prima o alle prime notti da sposata. Viene da pensare che il marito, a cui tocca fornire la struttura del letto, non abbia ancora provveduto a preparare il materiale e le tavole e dunque si dorme provvisoriamente per terra.
Stupisce anche la presenza di quel grosso sacco in tela bianca, pieno forse di grano, e probabilmente facente parte della dote della sposa. Per quanto posso ricordare io, a parte che erano tutti rappezzati, i sacchi erano di colore marrone perché fatti con le fibre della canapa, che coltivavamo noi stessi proprio per quello scopo e dunque sorprende che quello sia stato fatto con una tela diciamo bianca e pregiata.
[1] Sergio Troiano, abruzzese di Schiavi d’Abruzzo, residente a Pescara, insegnante di Chimica in pensione, si reputa fortunato per aver avuto il raro privilegio di vivere i miei primi sei anni di vita in pieno medioevo, in contrada Cupello di Schiavi.