Canto di Gustavo Tempesta Petresine[1],
dal suo libro di poesie “Ne cande”[2*]
V Canto di Altosannio
Viaticum
Ti lascio Madre, ti lascio Padre.
Mi accamperò più in la,
dove il bove stramazza
e la colomba d’arancio
sovrasterà il cammino
fuso del suo tramonto.
Lì fonderò una patria
unendomi a genti diverse.
Vivremo in terra Osca
senza mura e confini.
Là, fonderemo il ferro delle spade
e forgeremo aratri.
Saremo tanti e liberi
e non ci accerchieranno più i nemici.
Saremo tanti… e liberi.
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[1] Gustavo Tempesta Petresine, Nativo di Pescopennataro, si definisce “ignorante congenito, allievo di Socrate e Paperino”. Ama la prosa e la poesia, cui dedica molto del suo tempo, con risultati eccezionali, considerati gli apprezzamenti e i premi che consegue continuamente. Il suo libro di poesie più bello e completo si chiama “‘Ne cande,”
[2] ‘Ne cande, nasce da un percorso accidentato, da un ritrovare frammenti e “cocci” di un vernacolo non più parlato come in origine, da mettere insieme in un complicato puzzle. I termini sono proposti cercando di rispecchiare la fonetica che fu propria del parlare dei nostri nonni, ascoltati in prima persona e qui proposti. Il “canto lieto”, quello che trattava di feste, amori e piccola ironia dove si contemplava il fluire non privo di stenti, di un vivere paesano, è svanito negli anni.
Editing: Enzo C. Delli Quadri
Copyright Altosannio Magazine
Il poeta Gustavo Tempesta Petresine, in questa breve, intensa, bellissima composizione poetica, sintetizza la storia di vita di moltissime persone, costrette ad abbandonare tutto e tutti, per costruirsi, altrove, una nuova esistenza, una nuova vita, una nuova famiglia …
Ma, ogni persona che ha dovuto lasciare il luogo natio, per necessità di lavoro o altro, ha portato sempre nel proprio cuore la nostalgia e l’amore per le proprie “radici” e per le proprie origini.
Grazie, Gustavo Tempesta Petresine e grazie Paola Giaccio per aver riproposto questa bella poesia che ci fa pensare, che “ci fa girare indietro” e che, con la memoria, ci riporta in un tempo di gioventù, … in cui, però, avevamo già sperimentato “i morsi” della vita. …
Il poeta, secondo me, vuol chiudere il suo canto con una nota positiva di speranza e con una nota di … consolazione le quali ci spingono ad avere forza e ci spingono … ad avere fiducia … per la nuova amata realtà!
Belle le foto, … le immagini e la musica che accompagnano la poesia.