Canti raccolti da Oreste Conti nel Libro “Letteratura Popolare Capracottese” edito da Luigi Pierro, Napli 1911[1].
Canto 101
Amore mie, che le ròse ‘m piette,
che belle pazzie che fieàne s’uócchie!
Amore mio con la rosa sul petto
che bei giochi che fanno i tuoi occhi
Canto 102
< E so tre volte, Amore, che te la cerchi >
< Se vuò la ròsa, vall’ a còglie all’uórte >
< I nen vòglie la ròsa del tuo òrte >
Voglio la ròsa del tuo pròprio pètto
– E son tre volte, Amore, che te la chiedo.
– Se vuoi la rosa vai a coglierla nell’orto.
– Io non voglio la rosa del tuo orto,
Voglio la rosa del tuo proprio petto
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[1] Nota dell’autore: per 4 anni, nel breve periodo delle vacanze estive, mi sono recato tutti i giorni nelle nostre remote campagne, a raccogliere i canti dei nostri montanari, or lamentevoli, or dolci, ma che sempre esprimono il sentimento del mistero della vita, la tristezza impenetrabile dell’ amore.
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Editing: Enzo C. Delli Quadri
Nel primo distico “pazzijé” vuol dire “giocare” – verbo- infinito.
l’altro va bene